Il Distretto Rotary 2100 a Napoli con un workshop per la costruzione della pace nel Mediterraneo

 

Le problematiche delle popolazioni migranti del bacino del Mediterraneo e l’importanza di un’adeguata assistenza sanitaria, soprattutto per le fasce più deboli, sono i temi centrali del workshop internazionale “La costruzione della pace nel Mediterraneo – Salute della donna e del bambino migranti dai territori di guerra”, svoltosi a Napoli lo scorso 13 aprile, nella suggestiva cornice della Sala dei Baroni del Maschio Angioino.

Promosso dal Distretto Rotary 2100, organizzato dal Rotary Club Napoli Castel Sant’Elmo e patrocinato anche dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, l’evento ha visto confrontarsi rappresentanti istituzionali, professionisti della salute, studiosi, esperti e cittadini attraverso forum, talk-show e testimonianze, per favorire una rinnovata consapevolezza sullo stato di salute dei popoli.

Dagli aspetti legati alla geografia delle patologie endemiche, ematologiche ed infettive sino a riflessioni sul profilo psichico – spesso infatti i migranti sono esposti a gravi traumi prima e durante la migrazione – attraversando il difficile tema delle violenze, il workshop ha voluto restituire uno spaccato quanto mai attuale della complessità del fenomeno delle popolazioni migranti, correlandolo ad una naturale evoluzione dei flussi migratori che hanno sempre connotato la storia dell’uomo e alle possibili prospettive future, fornendo spunti di riflessione per interventi di prevenzione sulle popolazioni migranti.

Il Rotary con il percorso di pace nel Mediterraneo vuole affiancare le Istuzioni e le Autorità nazionali ed estere che lavorano per la pace nel Mediterraneo” sottolinea il Governatore Salvatore Iovieno del Distretto 2100; “da anni il Rotary International ed in particolare il Distretto 2100 è impegnato a costruire ponti di pace nel Mediterraneo. Quest’anno ho voluto costruire un Percorso di Pace che, partito a febbraio nella ridente cittadina di Ravello è proseguito nei mesi successivi con i forum di Assisi, Malta e Napoli; il percorso si concluderà in Israele a Gerusalemme, simbolo nodale di un processo di pace non ancora risolto”.

Ampio spazio è stato dedicato al progetto Rotary “Una rete per TE. Talassemia ed Emoglobinopatie nel Mediterraneo”. “Inizialmente sviluppato in Marocco, il progetto oggi si estende ad altri paesi della fascia mediterranea; in Italia ha l’obiettivo di migliorare le conoscenze sulla talassemia e le altre emoglobinopatie per poterle prevenire e curare”, sottolinea Biagio Vallefuoco, Presidente della Commissione distrettuale Talassemia – emoglobinopatie, salute della mamma e del bambino, Past President del Rotary Club Napoli Castel Sant’Elmo e Chair 2017-2020 ICC Italia, Malta, Repubblica di San Marino – Britain, Ireland. L’anemia mediterranea (o talassemia major) è una grave malattia ereditaria che colpisce i bambini fin dai primi mesi di vita ed è causata da un’anomalia ereditaria dei globuli rossi (la microcitemia) che, insieme ad altre emoglobinopatie, è l’alterazione genetica più frequente in Italia e più diffusa nel mondo (circa 400.000 malati e ogni anno circa 60.000 nuovi casi). In Italia, è ormai sotto controllo grazie ad un’azione di prevenzione primaria (la nascita di figli malati si previene se si evita la procreazione fra due portatori di microcitemia), alla diagnosi prenatale e all’attività medica e farmacologica. Nei paesi del Nord Africa, invece, la talassemia conduce spesso alla morte precoce di bambini e giovanissimi o li espone alle gravi complicanze soprattutto di tipo scheletrico. Le fasi del progetto Talassemia in Marocco sono state illustrate da Michele Porfido, rotariano e Chair 2017-2020 ICC Britain, Ireland Italia, Malta, Repubblica di San Marino. Interessanti gli interventi di Giovanni Scotto, professore Associato di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso l’Università di Firenze, del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà Mauro Palma e del Dirigente Generale della Polizia di Stato Vittorio Pisani focalizzati sul fenomeno della fuga dalla guerra.

L’evento è stato articolato in tre diverse sessioni. La prima, è stata dedicata al forum “In fuga dalla guerra a poche ore da noi”, moderata da Giuseppe Galloro Associato di Chirurgia Generale dell’Università Federico II; la seconda è stata incentrata sul talkshow “Mamme e Bambini” condotto e moderato da Chiara Del Gaudio, giornalista RAI UNO Unomattina; la terza sessione, moderata da Cesare Formisano, Associato di Chirurgia Generale federiciano e Diana Galletta, Psichiatra dell’AOU Federico II, è stata focalizzata sulle testimonianze relative ai disturbi da stress post-traumatici che colpiscono donne e bambini, ed ha visto la partecipazione di Pietro Bartòlo, medico di Lampedusa.

Una platea attonita e commossa ha ascoltato la testimonianza di Bartòlo, parole di un professionista della salute, ma soprattutto di un uomo e di un pescatore, che ha visto trasformarsi il Mare nostrum da “mare di vita a mare di morte”.

Tra i ricordi impressi nella memoria del medico Lampedusano, la grande strage del 2013: 368 cadaveri, molti dei quali bambini vestiti con abiti festosi pronti all’arrivo nel nuovo mondo e verso una nuova vita. E da allora, Bartòlo ricorda la tragicità delle ispezioni cadaveriche, la gioia per aver salvato una donna ormai ritenuta deceduta, la drammaticità di bambini che non sono e non saranno mai più tali, donne e uomini che sbarcano dopo aver combattuto contro l’ipotermia e la disidratazione, le due principali nemiche dei migranti.

Bartòlo cita, inoltre, quella che lui stesso definisce la “malattia del gommone” che provoca gravi lesioni dovute a un mix di acqua di mare e carburante che brucia la pelle fino ad essere letale. “Quando i migranti arrivano in porto e si tolgono i vestiti viene via anche la pelle“, testimonia Bartolo. Un problema che colpisce particolarmente le donne che vengono imbarcate al centro dei gommoni, mentre gli uomini stanno sui tubolari. Proprio la posizione delle donne accentua il contatto con il carburante e l’acqua salata”.

Che molto ci sia da fare per l’assistenza ai migranti viene sottolineato anche dal Direttore Generale dell’AOU Federico II, Vincenzo Viggiani che racconta di alcune esperienze virtuose che il Policlinico federiciano ha messo in campo. Prima tra tutte, l’ambulatorio di Dermatologia Etnica.

Occuparsi della salute dei migranti è la migliore strategia di sanità pubblica a tutela della popolazione residente”, sottolinea Viggiani che cita inoltre l’apertura quotidiana di un ambulatorio per donne migranti in attesa, ricordando che “le barriere linguistiche e la scarsa informazione rappresentano gli ostacoli che impediscono ai migranti di accedere alle prestazioni”.

Prosegue, poi Andrea de Bartolomeis, direttore della UOC di Psichiatria e Psicologia Federiciana. “L’isolamento, la difficoltà di adattamento e il rifiuto rappresentano l’essenza di alcuni disturbi del comportamento significativi che riscontriamo sulle popolazioni migranti. Uno studio danese dimostra che coloro i quali arrivano da altri paesi, soprattutto in condizioni di rifugiati, sviluppano con molta più frequenza determinate patologie come la schizofrenia”.

Un ultimo monito arriva anche dall’Ordinario di Pediatria Alfredo Guarino in merito ai nuovi casi di tubercolosi: “non c’è rischio epidemico in Italia, ma c’è la necessità di seguire correttamente i bambini migranti malati. Non è semplice a causa delle condizioni sociali: dalla povertà, alla lingua, alla condizione abitativa. Questa problematica non deve sfuggire alle Istituzioni”.

Una giornata intensa che ha visto più voci alternarsi ma indicare all’unisono una strada di maggiore consapevolezza nel gestire il fenomeno delle popolazioni migranti come elemento strutturale e con le più opportune modalità di prevenzione della salute a vantaggio di un sistema efficace e sostenibile di sanità pubblica.